da Giuseppe Cammarata 

Ahmad è un giovane bancario di Beirut. Per meglio dire, è il funzionario a cui il CISS si rivolge per le questioni relative ai propri conti correnti attivi in Libano. Parla perfettamente inglese e francese e, a parte lo stile nel vestire abbastanza difficile da condividere, è una persona cortese, disponibile e gradevole.

Da molto tempo Ahmad ha una certa dimestichezza con il personale CISS, me compreso. Questo lo porta ad avere una maggiore confidenza a chiacchierare di temi anche delicati, quale ad esempio la politica, che non condivide con molti.

Prendendo spunto dalla sua cravatta di un colore arancione così acceso (il colore del partito di Aoun) da riflettere la luce come uno specchio, oggi mi sono permesso di chiedergli per quale partito o coalizione avrebbe votato alle prossime elezioni del 7 giugno 2009. Mi risponde dicendo che negli ultimi tempi si trova in difficoltà, dal momento che, essendo lui un collezionista di cravatte ed avendone di tutti i colori (purtroppo!) ogni mattina, per non fare torto a nessuno, ne prende una di un colore diverso da quella del giorni prima e la indossa sperando che nessuno lo scambi per un sostenitore di questo o quel partito.

Nel Libano odierno, in effetti (forse per evitare che gli elettori si possano confondere con nomi, sigle e simboli che cambiano ogni momento), la politica è soprattutto una questione di colori. Aoun ed i suoi cristiani sono contrassegnati dall’arancione (ormai lo sapete….), gli Hezbollah sono indicati in giallo anche se si vestono di nero, le bandiere verdi sono degli sciiti di Amal, l’azzurro è il colore del sunnita Hariri (vi ricorda nessuno?…. “Forza Libano”?), i falangisti cristiani sono caratterizzati dal bianco, i rossi, ovviamente, sono i comunisti (anche qui, naturalmente, ben divisi in tre differenti partiti….), e via colorando.

Il buon Ahmad mi racconta che è andato a scuola (privata e parecchio costosa, naturalmente) dai preti francesi, come sua madre, sua sorella, suo fratello e forse tutta la famiglia da decenni a questa parte. Avendo lui adesso un figlio in età scolare, nei mesi scorsi ha provato ad iscriverlo nella stessa scuola che ha frequentato lui; la scuola, però nel frattempo, ha cambiato proprietà: non appartiene più ad una fondazione religiosa francese, ma appartiene ad una fondazione libanese che in qualche modo fa riferimento alla famiglia Hariri (uno dei tanti misteri del Libano: come può una scuola religiosa cattolica appartenere ad una fondazione religiosa sunnita? Mah!). E siccome lui non si è fatto raccomandare da nessun esponente politico “azzurro”, gli hanno detto che per suo figlio non c’era posto (“Nonostante tutti i soldi che la mia famiglia ha pagato nel corso degli anni alla fondazione”, mi diceva).

Succede però che nei giorni scorsi il fratello di Ahmad riceva una telefonata da un “galoppino” di Hariri, che gli chiede il numero di telefono dello stesso Ahmad per invitarlo ad una cena elettorale del suo partito. Ovviamente, il fratello gli chiede come abbiano avuto il suo numero di telefono, e l’interlocutore gli risponde tranquillamente che hanno scartabellato i nomi ed i recapiti di tutti coloro che avevano fatto domanda di iscrizione del figlio nella tanto esclusiva scuola francese.

Naturalmente, mi raccontava Ahmad, suo fratello lo ha caldamente invitato ad andare a quel paese; questo senza neanche interpellarlo, sicuro com’era di interpretare correttamente il pensiero di Ahmad.

Nel corso del suo infervorato discorso Ahmad mi ha descritto scandalizzato le pratiche in uso presso molta parte dell’elettorato libanese: compravendita di voti in cambio di un pieno di benzina, di 50 dollari cash, di una cena per due in un ristorante alla moda, ecc.

Quando gli ho detto che in alcuni (solo alcuni?) quartieri di Palermo (solo di Palermo?) succede esattamente la stessa identica cosa, mi ha guardato come se fossi pazzo o lo stessi prendendo bellamente per i fondelli. Non voleva assolutamente credere che anche in Italia “la democrazia fosse in vendita, e per così poco!”, come ha esclamato.

Alla fine, non sono riuscito a capire per chi avrebbe votato. Ma domani torno da lui e glielo chiedo!