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*di Giovanni Vinti

Strade sterrate in cui fango rifiuti e polvere si mescolano, bimbi che sbucano da tutte le parti scalzi o in ciabatte con magliette colorate o a petto nudo, galline asini e maiali che ti sfiorano mentre in due o in tre sulla moto percorriamo le stradine di questa (se si escludono le poche vie del centro) baraccopoli di oltre 60mila abitanti: ecco come ricordo Ouanaminthe, un anno dopo. E mi sorride il cuore, mentre una lacrima lo attraversa. Questo centro abitato del Paese più povero dell’emisfero occidentale, cioè Haiti, è sconosciuto ai più; e del resto, quando se ne è mai parlato in tv..? Haiti è diventata tristemente nota alle cronache in seguito al terribile terremoto del 2010 che causò oltre 200mila vittime, e che fu seguito poco dopo da un’epidemia di colera divenuta da quel momento endemica nell’isola. Quello fu l’anno del colpo di grazia, ma la situazione era difficile già da diversi decenni..

 

Se si va indietro di qualche secolo, bisogna tener presente che l’isola fu “scoperta” da Cristoforo Colombo nel 1492 e battezzata Hispaniola. I nativi furono decimati nel giro di qualche decennio da schiavitù e nuove malattie e a quel punto vennero sostituiti da una nuova “manovalanza”, gli schiavi deportati dall’Africa, antenati degli attuali haitiani. Nel frattempo metà dell’isola divenne di dominio spagnolo e battezzata Repubblica Dominicana, mentre la metà di cui avevo iniziato a parlare, Haiti, di dominio francese. E fin qui, una delle tante storie del colonialismo europeo, senonché a fine Settecento mentre in Francia si assisteva alla Rivoluzione Francese, ad Haiti i 500mila schiavi neri, circa 10 volte più dei loro padroni bianchi, si ribellavano e dopo alcuni anni impadronivano dell’isola e della loro libertà, dando origine alla prima repubblica fondata da ex schiavi. Da quel momento la vita non fu comunque una passeggiata (quando mai!), dato che dall’estero vennero tagliati tutti i canali commerciali con Haiti e la Francia post-rivoluzionaria concesse l’indipendenza ma in cambio di un “indennizzo annuo” mostruosamente elevato. Fino al 1900 la situazione si mantenne relativamente stabile, ma poi nel 1914 mentre in Europa si combatteva la guerra gli Stati Uniti occupavano militarmente Haiti per 20 anni imponendo le loro scelte politiche. Dopo la seconda guerra mondiale si succedettero 3 dittatori locali, fino al termine degli anni ’80. A quel punto, il 1991 fu il momento del primo presidente liberamente eletto ad Haiti, Jean-Bertrand Aristide, un prete di quartiere che sembrava voler davvero stare dalla parte dei poveri (la maggior parte) invece che delle élite economiche, la cui elezione spiazzò un po’ tutti, a cui fece seguito, 8 mesi dopo, un colpo di Stato militare sembra appoggiato dagli Stati Uniti, secondo fonti indipendenti quali Human Rights Watch; Aristide fu infatti prelevato e portato negli Usa, dove venne sottoposto ad un corso intensivo di “democrazia e capitalismo”, o almeno così affermò l’ambasciatore statunitense ad Haiti.. Sembra un film, tragico, ma è la realtà. Nel 2000, terminati i disordini da pochi anni, Aristide venne rieletto (nel frattempo aveva tolto la tunica); a quel punto restò in carica per 4 anni, trovando anche il tempo di scrivere un libro contro lo sfruttamento dei Paesi Industrializzati nei confronti del “Terzo Mondo” (Eyes of the Hearth). Nel 2004 vi furono nuovi disordini, con bande armate (così, all’improvviso) che seminarono il terrore nelle città principali e a cui fece seguito una missione Onu (Minustah), tuttora in corso, per riportare l’ordine. Anche questa volta Aristide fu “deportato” dagli Stati Uniti (ma in Sud Africa), senza preavviso nei confronti dell’Onu, provocando un certo “imbarazzo” all’allora Segretario Generale Kofi Annan.

Come esordivo, il terremoto del 2010, fu il colpo di grazia. E oggi note aziende occidentali continuano a sfruttare indisturbate i lavoratori (come mi han raccontato gli haitiani) per meno di 15 centesimi l’ora, facendoci giungere questo o quel paio di jeans..

Questa parentesi storica aveva un senso in particolare.. la differenza tra Nord e Sud del mondo affonda le sue radici nel colonialismo, ma questo “status quo” continua a mantenersi per via di interessi economici attuali e più o meno evidenti complicità.

 

Tornando ai nostri giorni, quel che più mi ha colpito di Haiti è stato il contrasto. Da un lato povertà e malattie, dall’altro serenità e felicità. Può sembrare assurdo, ma è davvero questa Haiti. O per lo meno, lo è Ouanaminthe, dove ho passato quasi due mesi, altrove solo pochi giorni. Un luogo in cui la gente ne ha viste di tutti i colori, in cui continua a morire per malattie ormai scomparse in Europa, come tifo, colera, malaria e non solo; dove oltre il 70% della gente non possiede un bagno e il 40% non ha accesso all’acqua potabile (secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2016); ma dove la frenesia alienante dell’Occidente non è ancora arrivata e la gente si guarda, sorride e ha ancora il senso del tempo e della vita.

E’ in questo quadro che si configura l’intervento del CISS, ONG di Palermo attiva nel Sud Italia e nei Sud del Mondo con diversi progetti. Il suo intervento ad Haiti (per cui esiste un sito web) si chiama “Action partecipatives pour l’Eau e l’Assainissement dans la ville de Ouanaminthe”, e l’obiettivo è quello di migliorare le condizioni igienico-sanitarie (nel campo delle acque e dei rifiuti) coinvolgendo direttamente le comunità locali.

Infatti, come ho potuto constatare in prima persona, da Ingegnere Ambientale sono consapevole che Haiti in generale, e Ouanaminthe in particolare, ha bisogno di infrastrutture tali da contrastare il diffondersi di malattie ed epidemie, facendo in modo di migliorare le condizioni igieniche. Allo stesso tempo, bisogna evitare di costruire le tipiche cattedrali nel deserto, frutto per lo più di interessi speculativi. E’ fondamentale invece contestualizzare e pensare ad interventi sostenibili, senza che piovano dall’alto; possibilmente chiedendo alla gente del posto quello di cui pensa aver maggiormente bisogno. E’ così che si è mosso il CISS anche in questo caso.

 

Haiti - città di Ouanaminthe

 

*Giovanni Vinti, ingegnere ambientale, socio e volontario del CISS ha supportato lo staff locale nella realizzazione di sistemi volti a migliorare le condizioni igienico-sanitarie a Ouanaminthe

di Valentina Venditti*

“Se si sogna da soli è un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia”.

La scuola di Circo a Gaza rappresenta davvero un grande sogno divenuto realtà.

Un gruppo di ragazzi di Gaza, la forza di volontà, la passione, la voglia di non arrendersi all’assedio israeliano e alle difficoltà, la magia, il superamento dei propri limiti, il sorriso dei bambini, la resilienza. Tutto questo e molto altro ancora è la scuola di circo di Gaza.

Majed, Mohie, Ala, Murad quando erano piccoli trascorrevano giornate intere a guardare spettacoli di circo, clowneria e giocoleria in TV e restavano affascinati da questa “arte magica” che a Gaza, a causa dell’assedio, materialmente, non esisteva.

Col trascorrere del tempo, è cresciuto in loro sempre di più il desiderio di imparare le arti circensi, di diventare artisti ma soprattutto di utilizzare il circo come strumento per “far nascere il sorriso sui volti dei bambini” soprattutto considerando i numerosi attacchi militari israeliani che hanno vissuto e subito.

Ed è proprio così che i ragazzi di Gaza intendono il Circo:

“COME UNO STRUMENTO DI INCLUSIONE SOCIALE, DI RAFFORZAMENTO DEI MECCANISMI DI RESILIENZA E SUPERAMENTO DEI TRAUMI”

La creazione del “Gaza Circus Team” è avvenuta nel Marzo 2011 quando i ragazzi di Gaza hanno avuto l’opportunità di partecipare ad un training per principianti organizzato da una delegazione belga nella Striscia di Gaza.

Da allora il gruppo ha iniziato a sperimentare differenti discipline (giocoleria, acrobatica, equilibrio, clowneria) soprattutto guardando le tecniche su YouTube e tentando di rifarle e costruendo da sè gli attrezzi di giocoleria che non si trovavano – e non si trovano ancora – a Gaza.

Inizialmente gli allenamenti si svolgevano all’esterno, in strada, in campi aperti o dovunque fosse possibile ma sempre in luoghi considerati non sicuri. Il supporto dagli amici europei è continuato a volte direttamente, a volte dall’esterno. I ragazzi sono quindi riusciti, nonostante le difficoltà, ad avere delle attrezzature donate da gruppi di amici di diverse scuole di circo, associazioni e dall’azienda “Play”: un monociclo, delle clave, i piatti cinesi, i trampoli, i cerchi… e hanno iniziato a strutturare i primi veri spettacoli, continuando sempre il lavoro con i bambini.

Il CISS ha iniziato a lavorare con il Gaza Circus Team nel 2012 realizzando con loro attività di supporto psicosociale in favore dei bambini affetti da Sindrome da Stress da Post Trauma (in inglese PTSD\Post Traumatic Stress Disorder) all’interno delle ludoteche utilizzando la clownterapia e le arti circensi.

L’incontro con questi ragazzi è stato incredibile e da subito il CISS ha deciso di aiutarli a raggiungere il loro sogno supportandoli nel portare all’interno della Striscia gli attrezzi di giocoleria, nella creazione delle reti di supporto, nella strutturazione delle attività di clownterapia che vengono realizzate in diversi ospedali a Gaza City e Khan Younis e anche aiutandoli a cercare finalmente un posto sicuro per gli allenamenti.

Il punto di svolta è arrivato nel 2015 quando il Gaza Circus Team grazie all’impegno e al contributo dei membri stessi del gruppo, di amici ed associazioni sia palestinesi che europee, è riuscito ad aprire una vera e propria  Scuola di Circo nella zona di Beit Lahya, nel Nord della Striscia di Gaza.

Sono circa 60 i bambini e i ragazzi che frequentano regolarmente i corsi.

La scuola di circo di Gaza valorizza e utilizza la forza dell’arte circense nell’approcciare le difficoltà del contesto sociale fondendo assieme le arti del circo e le tecniche per l’intervento sociale. Il circo sociale contribuisce anche ad assicurare lo sviluppo integrato e l’inclusione sociale di soggetti a rischio e permette ai partecipanti di usare le proprie risorse per esprimersi e stabilire nuove relazioni interne ed esterne.

La scuola di Circo di Gaza, diventa così uno spazio che accoglie creatività e libertà d’espressione e sviluppa tenacia e perseveranza.

Ed è così che volare appesi ad un tessuto, camminare sospesi su una slackline o guardare l’orizzonte giocolando con i trampoli diventano tutte metafore del superamento degli ostacoli e delle barriere.

Niente è impossibile, è vero…e lo capisci a Gaza.

Grazie all’azienda “Play” il CISS ha avuto l’opportunità di presentare l’esperienza della neonata scuola di Circo di Gaza alla 10ima Convention Internazionale di giocoleria della Brianza riuscendo con la forza del circo a rompere quei muri che cercano di tenere chiusa una popolazione.

Le sfide per il Gaza Circus Team sono ancora molte. L’assedio ha come conseguenza la difficoltà nel reperire attrezzature adeguate, nel trovare dei posti che siano realmente e totalmente sicuri, nell’ottenere permessi per partecipare a formazioni, convention o eventi fuori dalla Striscia o per fare entrare formatori stranieri o anche Palestinesi (della Cisgiordania) a Gaza. L’assedio ha fatto perdere opportunità di borse di studio annuali in scuole di circo europee; di training a Ramallah con Il Palestinian Circus School, di contatti diretti con formatori e artisti… ma i ragazzi non si fermano e di certo…noi andiamo avanti con loro!

“La scuola di circo di Gaza, un’esperienza bellissima, ragazzi giovanissimi che si esercitano a fare giocoleria, che studiano e che si impegnano, e anche là…. rivediamo nei loro occhi la Palestina libera fra 30 o 40 anni, vediamo che là dentro c’è la fucina di pace che stavamo cercando, allora ci mettiamo tutti a sedere in cerchio, chiediamo loro di presentarsi a turno, di dirci età e nome, scopriamo che son davvero giovanissimi,alcuni anche minorenni e hanno la profondità dei nostri quarantenni. Parliamo con loro e li incoraggiamo a vedere la vita in avanti, percepire che davvero la scuola di circo può essere scuola di pace e partenza per una Palestina migliore, loro lo capiscono, ci guardano con quegli occhi grandi e io aggiungo: abbiamo preso un aereo e affrontato un lungo viaggio solo per venire da voi a dirvi bravi, a dirvi che vi stimiamo e cerchiamo di far loro sentire che è davvero così,perché loro e le loro vite non sono solo importanti ma sono fondamentali per il messaggio di pace che portiamo, sono la materializzazione di ciò in cui crediamo da sempre, ossia che alcuni giovani amici che si radunano, parlano e giocolano nonostante le bombe e la guerra sono la resistenza partigiana che noi immaginiamo.

….la dignità e la forza che questi ragazzi hanno supera i muri…potranno costruire muri altissimi ma loro sanno volare ..”   (Missione dei Clown di M’illumino d’Immenso di Firenze – dott. Nuvola)

Cogliamo l’occasione per ringraziare le realtà che stanno supportando il Gaza Circus Team:

la Palestinian Circus School; la scuola di circo CARAMPA di Madrid; l’associazione di ClowCare M’illumino d’Immenso; l’Associazione In Viaggio di Menaggio; il Coordinamento Comasco per la Pace; SALAAM Ragazzi dell’ULIVO di Milano; World Vision; La CULTURAL FARM di Favara; il Teatro ATLANTE di Palermo; l’Associazione Tanto di Cappello di Palermo e gli artisti di strada siciliani; i Ragazzi di PARADA PAR TUCC di Como; l’associazione spagnola CREART; il Centro Italiano di Scambio Culturale VIK di Gaza; l’associazione francese “Un murales contro il muro”; l’associazione belga “La montagna” e infine l’azienda di attrezzature di giocoleria PLAY che oltre ad avere donato la maggior parte degli attrezzi ha anche ospitato un evento per parlare dell’esperienza del Circo di Gaza alla 10ima Convention Internazionale di Giocoleria della Brianza che si è svolta ad Aprile 2016.

Sarebbe poi impossibile riuscire a ringraziare tutti i gruppi informali e gli amici sparsi per il mondo…ma per quanto possibile…Grazie!

La scuola di circo a Gaza

*Valentina Venditti, socia e lavoratrice CISS ha lavorato per anni in Palestina

da Fabrizio Cacciatore

Guardare oltre i propri confini, geografici e culturali, scoprire sé stessi, le proprie capacità e i propri desideri: questi i punti di partenza dello scambio giovanile “Beyond the Postcode”, che ha visto lavorare per 10 giorni 35 giovani provenienti da Regno Unito, Russia, Romania e Italia.

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banner 5 per 1000

Anche quest’anno la nostra organizzazione CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud, è tra i soggetti ammessi al beneficio del 5 per 1000.

Abbiamo deciso di utilizzare questa possibilità per una una causa che ci sta molto a cuore: il supporto psicosociale ai bambini e alle bambine di Gaza.

Il disagio psichico e in particolare la Sindrome Post traumatica da Stress sono fenomeni diffusi a Gaza da moltissimi anni. Il succedersi delle operazione militari israeliane – Piombo Fuso (2008/2009), Colonna di Difesa (2012) e la recente Margine Protettivo (2014)- hanno reso sempre più grave il problema per un numero altissimo di bambini.

Di recente abbiamo condotto una indagine sui minori già presi in carico nell’ambito dei nostri interventi e abbiamo constatato che su 421 bambini e adolescenti (242 femmine e 179 maschi) 4 sono stati feriti, 47 hanno assistito alla morte di propri familiari, 64 al ferimento; 17 hanno avuto le case completamente distrutte, 383 danneggiate; in 392 hanno dovuto lasciare le proprie case spostandosi nelle scuole delle Nazioni Unite, da parenti o all’estero e 32 sono in abitazioni temporanee.

La totalità delle famiglie riferisce la difficoltà dei bambini ad addormentarsi, incubi, attacchi di panico, paura del buio, rifiuto del cibo e un aumento dell’aggressività.

Di solito nella Sindrome Post Traumatica da Stress esiste un trauma che ha una precisa posizione nello spazio e nel tempo, si verifica in un luogo particolare e ha un inizio e una fine. A Gaza invece, con l’occupazione e l’assedio quotidiano, il trauma dei bambini è costantemente riacceso.

Le nostre ricerche però giungono alla conclusione che è possibile permettere ai bambini di superare gli eventi traumatici seguendo un percorso preciso: rendere i bambini consapevoli delle proprie condizioni psicologiche e aiutarli a liberarsi dei pensieri negativi che riguardano sé stessi, gli altri e il futuro, e degli effetti negativi che creano e mantengono il senso di frustrazione e la mancanza di fiducia in sé stessi. Leggi il seguito di questo post »

Dedichiamo a Gaza e ai suoi bambini
l’appuntamento per lo scambio di auguri
con amici, soci, simpatizzanti e sostenitori
durante le feste di fine anno.

Martedì 30 dicembre 2014, Palermo

Una serata di musica e solidarietà al Teatro Agricantus, che sarà introdotta, alle ore 20.30, daletture a cura di Marta FogazzaIsabella Sciortino e proseguirà con il concerto de La Banda di Palermo:

Giacco Pojero – fisarmonica, voce
Simone Sfameli – percussioni, batteria
Antonella Romana – pocket trumpet
Nino Vetri – sax tenore, voce, basso elettrico
Tommaso Chirco – contrabasso, basso
Marco Monterosso – chitarra elettrica

Ingresso con contributo minimo di € 5.00

30Dicembre 2014 Agricantus

La serata contribuirà a sostenere il progetto del CISS, in collaborazione con l’associazione palestinese El Wedad Society for Community Development, per e con i bambini della Striscia di Gaza, sottoposti quotidianamente a traumi e colpiti da Sindrome Post Traumatica da Stress, attraverso la creazione di servizi di assistenza educativa e psicologica nelle ludoteche, negli ospedali e a domicilio.

Per Donazioni:
“Per e con i bambini di Gaza”
presso Banca Prossima, sede di Palermo (via Roma 405)
IBAN: IT13 Z033 5901 6001 0000 0014 439

Si ringrazia il Comune di Palermo per la concessione gratuita del Teatro Agricantus.
L’iniziativa è realizzata nell’ambito del progetto “4 SOUTH. Da Nord-Sud a Sud-Sud”, finanziato dall’Unione Europea – Education, Audiovisual and Culture Executive Agency (EACEA).

Abbiamo il piacere di invitarvi alla presentazione del libro
OLTRE LA NAZIONE
Conflitti coloniali e pratiche interculturali
Il caso della diaspora Tamil.
a cura di Giuseppe Burgio

Vi aspettiamo
mercoledì 10 dicembre, ore 18.00
Ex Real Fonderia alla Cala, Piazza Fonderia – Palermo

L’autore ne parlerà con
Sergio Cipolla, presidente del CISS/Cooperazione Internazionale Sud Sud
Enzo Guarrasi, Università di Palermo
Stefano Edward Puvanendrarajah, membro della Consulta delle culture
Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo

Perché il nazionalismo sembra ancora, forse più che in passato, diffuso in un mondo globalizzato? Come interagisce il nazionalismo con le politiche di genere?Possiamo ancora chiamare “migrazioni” i fenomeni di diaspora che stanno trasformando le nostre società? Come possiamo discutere di intercultura in presenza del terrorismo internazionale?
Il volume a cura di Giuseppe Burgio cerca di rispondere a queste domande a partire dal caso dei Tamil dello Sri Lanka, per analizzare il complesso rapporto tra termini che sembrano antitetici (identità, nazionalismo, differenze, intercultura) e inquadrare esplicitamente il nesso tra il nazionalismo, le differenze e la violenza.

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Al 12° giorno dell’offensiva militare israeliana – 19 luglio 2014


Con la Palestina nel Cuore. Presidio solidarietà Gaza -12.07.14 033 (2)Non ci sono molte parole per descrivere quello che si prova quando un tuo caro amico, una persona che è ormai parte di te, della tua famiglia, che vedi ogni giorno, ti dice che non ce la fa più, che le continue pressioni, le minacce psicologiche e il rumore delle esplosioni a volte ti fanno venire voglia di morire
. Che quando ricevi l’ordine di evacuazione non sai se è una finta o se devi andare via davvero… e poi, andare dove? Come sapere in quante altre zone ci sono stati questi avvertimenti? Come scendere in strada e rischiare di mettere a rischio la tua famiglia? ..Andare dove? Non esiste un luogo sicuro o più sicuro di altri. Non sai dove, quando, chi sarà colpito e perché.

….”e poi immagina cosa vuol dire lasciare la tua casa, io mi sono già spostato una volta e non c’e’ un minuto in cui non penso di volere tornare lì.. Non mi sposto di nuovo”.

Negli ultimi giorni sono arrivati avvertimenti tramite volantini e sms a più di 100.000 persone. Sono in tanti a pensare che tutto questo faccia parte di una guerra psicologica che serve a fiaccare gli animi, a diffondere la paura, a desiderare di…

Attraverso i social Network sta girando una foto per spiegare, con una triste ironia, la situazione in cui si trovano le famiglie:

“Israele: Vi conviene evacuare, stiamo per bombardare.
Gaza: Allora veniamo da voi.
Israele: non potete venire in Israele, siete Palestinesi.
Gaza: Ma voi controllate tutti i confini, dove dovremmo andare?
Israele: E’ un vostro problema.
Gaza: quindi restiamo qui?
Israele: Se volete, ma non dite poi che non vi abbiamo avvertito!”.

S. è un’altra delle nostre animatrici di Beit Lahya, a detta di tutti è esplosiva e ha un sorriso travolgente. Bisogna stare attenti a non farla arrabbiare perché è una che difende con forza quello che pensa, senza paura e che trasmette questa energia ai bambini. “Stiamo tutti bene, hamdulillah, ma hanno bombardato la casa dei nostri vicini, ci sono stati molti feriti e la nostra casa si è completamente distrutta anche mia nipote è rimasta ferita ma per fortuna non è grave. Siamo scappati verso la Middle Area, a casa della famiglia di mio marito, nel campo profughi di al Bureij. I miei genitori però sono ancora a Beit Lahya, la situazione lì è terribile… li sento ogni giorno, se Dio vuole andrà tutto bene”.

Per capire la dimensione di quello che sta avvenendo, che i nostri amici e colleghi descrivono come “mille volte peggio dell’attacco del novembre 2012 perché questa volta colpiscono direttamente le case! Le case, capisci?”, vogliamo darvi alcuni dati, anche se dovete tenere a mente che i “numeri” dovrebbero essere aggiornati ora dopo ora.

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Riceviamo questi aggiornamenti dai nostri cooperanti in Palestina.
Ci associamo all’appello affinché ci si mobiliti perché cessi ogni violenza nell’area di Gaza. Non aggiungiamo alcun commento, poiché riteniamo che le testimonianze riportate parlino da sé.

La storia si ripete e a Gaza questo accade sempre piu’ spesso. Non e’ passato molto dall’ultima imponente operazione militare israeliana “Colonna di Difesa” contro la Striscia, quel maledetto Novembre 2012 e non sono ancora passate le scene di orrore di “Piombo Fuso” (2008/2009) che si ripetono nella testa della popolazione di Gaza, ravvivate dai continui attacchi quotidiani ai pescatori e contadini, dalle esplosioni e dal senso di chiusura e le relative conseguenze che la gente vive in quella che e’ la piu’ grande prigione a cielo aperto del mondo.

Per dirla con Martin Luther King “ciò che spaventa non è la violenza degli uomini malvagi ma il silenzio degli uomini onesti”.

Spaventa e fa rabbia perche’ Gaza “non fa notizia”, perche’ i morti di Gaza vanno solo ad alimentare numeri e statistiche, perche’ a loro viene negata la dignità di essere persone. Perche’ sono in pochi quelli che si indignano per quello che succede a Gaza.

Noi vogliamo dare questa dignita’ agli abitanti della Striscia e, oltre a dire che dall’8 luglio fino ad ora ci sono stati piu’ di 160 attacchi aerei, piu’ di 30 vittime dei bombardamenti (35 secondo gli ultimi dati: non si riesce a tenere il conto), piu’ di 150 feriti tra cui donne e bambini e ormai decine di case completamente distrutte come testimoniato dai continui aggiornamenti che riceviamo da parte delle Nazioni Unite, piu’ di 80 razzi sparati dall’interno, vogliamo anche parlarvi di cosa e’ Gaza e di chi e’ la gente che vive a Gaza.

L’8 luglio ha avuto inizio l’operazione militare israeliana “Protective Edge”. Come ha scritto una studentessa di Gaza non si e’ mai emotivamente preparati ad un nuovo attacco anche se lo si e’ sperimentato in passato. L’elettricita’ viene tagliata ed il buio aumenta la paura. Si cerca di dormire ma il rumore delle costanti esplosioni lo impedisce e ti fa pensare solamente “chissa’ se il prossimo saro’ io, la mia famiglia o il mio vicino”.

E il pensiero in questi momenti va’ alla famiglia Kaware di Khan Yunis (sud della Striscia di Gaza) che aveva ricevuto un allerta di abbandonare la casa.
Nonostante tutto il vicinato si fosse radunato sul loro tetto per proteggerla pensando che la presenza di altre persone avrebbe agito da deterrente, l’aviazione israeliana non ha esitato a colpire: 8 i morti, tra cui 4 bambini di 8, 10, 13 e 15 anni e piu’ di 40 feriti.

E alla famiglia Hamad di Beit Hanoun (Nord della Striscia di Gaza) di cui il piccolo Kanan di 6 anni e’ rimasto l’unico sopravvissuto al pesante attacco aereo che ha colpito la loro casa, questa volta senza nessun preavviso: 6 morti, tra cui un ragazzino di 16 anni.

E, per chi lavora in cooperazione internazionale, tutto il diritto umanitario inizia a sembrare vuoto perche’ se e’ vero che sulla base dell’art.33 della IV Convezione di Ginevra le punizioni collettive sono proibite e considerate crimini di guerra, non si sono levate molte voci per condannare quello che sta avvenendo.

I ragazzi che lavorano con il CISS hanno tutti tra i 20 e i 30 anni. Sono animatori e psicologi ed hanno fatto del loro lavoro una missione di vita: cercare di arginare la paura dei bambini e portare un sorriso. Per questo in tutti i mesi che hanno lavorato con noi distribuivano “smile” adesivi” e “smile” a spillette a tutti quelli che incontravano.

S., una ragazza di 29 anni che abita ad Est di Gaza City, fa l’ingegnere e lavora nelle ludoteche nella costruzione dei giochi.

Mi ha chiamato appena iniziato l’attacco per sapere come stavo, se ero al sicuro e se avevo bisogno di qualcosa.”Hamdulillah non sei a Gaza, ero molto preoccupata per te, sono felice di saperti fuori”. Si preoccupava per me nonostante le esplosioni attorno alla sua casa non le dessero tregua.

Lei e la sua famiglia questa mattina hanno dovuto lasciare la loro casa perche’ a seguito di un’attacco di un F16 vicino la loro abitazione sono rimasti senza elettricita’, senza acqua e senza internet, circondati solo dal rumore dei bombardamenti. Si sono trasferiti nella casa del nonno: “e’ una zona molto popolata forse qui siamo piu’ al sicuro, mio fratello e’ spaventato ma Inshallah – Se Dio vuole – andra’ tutto bene”.

S. e’ un ragazzo di 24 anni di Beit Lahya e ha una dote particolare nel lavorare con i bambini: canta con loro fino a quando non ha piu’ voce, inventa sempre nuovi giochi e riesce a comunicare con loro come pochi sanno fare. S. ha visto una casa vicina saltare in aria ed ha avuto la sua stessa casa semi distrutta: “c’e’ stato un bombardamento proprio vicino casa mia, sono saltate porte e finestre”.

Poco prima dell’Iftar, ci sono stati numerosi bombardamenti nella zona di Beit Lahya: “Hanno bombardato di fronte la nostra associazione, non sono riuscito a controllare i danni ma mi sono informato sui bambini, una bambina e’ stata ferita dai vetri di una finestra esplosa e molti altri hanno avuto le case parzialmente distrutte ma stanno quasi tutti bene “fisicamente”, Hamdulillah – ringraziamo Dio”

M. e’ un ragazzo di 22 anni del campo di Jabalya ed e’ un terremoto! Instancabile! Se lo incontri non puoi non lasciarti conquistare dal suo entusiasmo. M. lavora come Clown in corsia negli ospedali, come animatore e come insegnante di circo e giocoleria per i bambini.

Anche lui voleva sapere come stessimo noi, era il suo primo pensiero: “io continuo a fare il mio lavoro, siamo abituati a tutto questo ma non riesco a restare in casa,spero che vada tutto bene e che tutti riescano a stare al sicuro”. Di nuovo il pensiero andava ai bambini della sua associazione “tanti bambini hanno perso le case, alcune sono state distrutte completamente ma Hamdulillah loro sono salvi”.

Ieri ho chiamato un caro amico, lui lavora come tassista, sta sempre in giro e conosce tutti e basta prendere una sola volta il suo taxi per ricevere un invito a pranzo a casa sua. Spesso lavora come autista per la stampa internazionale e per i fotografi. Volevo aiutarlo, proporgli di portare in giro della gente che stava andando a Gaza per coprire le notizie ma non me la sono sentita. L’ho chiamato in ogni caso per sapere come stava e mi ha detto: “io restero’ a casa, la situazione e’ veramente brutta adesso, voglio stare con la mia famiglia, le senti le senti le bombe?? Inshallah kheer – Se Dio vuole andra’ tutto bene. Ringrazia tutti per la vicinanza e -Have a safe life-”.

A nome dei nostri amici e colleghi con i quali lavoriamo, a nome dei bambini che ogni giorno sono con noi, a nome delle loro famiglie e a nome nostro come CISS chiediamo che le violenze vengano interrotte immediatamente, che questo massacro che non puo’ in nessun modo essere giustificato venga fermato e che gli “onesti” rompano il silenzio e inizino a prendere posizione.

I cooperanti in loco del Ciss Cooperazione Internazionale Sud Sud

CISS presenta

‘Di razza umana’
La lezione della storia,
il valore della testimonianza e della memoria.

4 e 6 febbraio 2014, a Palermo presso
Liceo “G. Meli”, Via S. Aldisio 2
I.C. Crispi Cocchiara Veneto, Via Barisano da Trani 7
Comune di Palermo, P.zza Pretoria 1

Martedì 4 febbraio
Auditorium Liceo “G. Meli” di Palermo

ore 10:30
Incontro con studenti e docenti delle scuole secondarie di I° grado del territorio
“Il valore della memoria: le leggi razziali in Italia”

Saluti del Dirigente scolastico del Liceo “G. Meli”, Salvo Chiaramonte

Testimonianza di Ugo Foà, Fondazione CDEC/Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – Progetto Memoria – Comunità Ebraica di Roma

Testimoni dei testimoni: studenti del Liceo “G.Meli” raccontano il viaggio della memoria ad Auscwitz-Birkenau

Pasqua De Candia, CISS/Cooperazione Internazionale Sud Sud

a seguire: Concerto di musiche ebraiche e romanì*

ore 18:00
Incontro con docenti, studenti, famiglie e personale del Liceo “G.Meli”
C’è una lezione da imparare dalla Storia per l’oggi?
Dalle leggi razziali del ’38 alle attuali forme di razzismo e discriminazione

Saluti del Dirigente scolastico Liceo “G. Meli”, Salvo Chiaramonte

Testimonianza di Ugo Foà, Fondazione CDEC

Testimoni dei testimoni: studenti del Liceo “G.Meli” raccontano il viaggio della memoria ad Auscwitz-Birkenau

Intervento di Sergio Cipolla, CISS/Cooperazione Internazionale Sud Sud

Introduce Mario Azzolini, giornalista Rai

a seguire: Concerto di musiche ebraiche e romanì*

* il Concerto è a cura del Memorial Art Ensemble formata da studenti del Liceo “G. Meli”, da ex-studenti dell’I.C. “Biagio Siciliano” di Capaci, Prof. Giuseppe Albanese CTP EDA “I. Florio”, diretti dal Prof. Giuseppe Viola

Esposizione della mostra “Luoghi Comuni.Piccole storie migranti” a cura del CISS

Giovedì 6 febbraio

ore 12.00
Incontro con studenti dell’I.C. Crispi-Cocchiara-Veneto

Testimonianza sulle Leggi razziali del 1938 di Ugo Foà, Fondazione CDEC – Progetto Memoria

ore 17.00
Palazzo delle Aquile, Sala Consiliare Comune di Palermo

Testimonianza di Ugo Foà, Fondazione CDEC- Progetto Memoria

Leoluca Orlando, Sindaco della Città di Palermo

Salvatore Orlando, Presidente Consiglio Comunale di Palermo

Adham Darawsha, Presidente della Consulta delle Culture

Sergio Cipolla, Presidente CISS/Cooperazione Internazionale Sud Sud

Matteo Di Figlia, ricercatore di Storia Contemporanea, Università degli Studi di Palermo Leggi il seguito di questo post »

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