You are currently browsing the tag archive for the ‘donne’ tag.

Violenza e Attaccamento
ovvero Le radici psicologiche della violenza sulle donne

giovedì 14 maggio, ore 17.00
Real fonderia
Piazza Fonderia alla Cala, Palermo

Interviene:

Franco di Maria, Università degli Studi di Palermo
Rino Cascio, giornalista Rai.
Organizzato da:
Gruppo Uomini Palermo contro la violenza sulle donne

14 maggio

8-MARZO

Perché sempre più donne abbiano la possibilità di decidere per la propria vita e prendere parte ai processi decisionali a qualsiasi livello, sottrarre alla violenza se stesse e i propri figli e figlie, avere un ruolo attivo nel superamento della povertà e nella costruzione di sviluppo.

Per saperne di più…

di Giulia Lauricella – 30 maggio 2013

Il niqab, il velo coprente indossato dalle maggior parte delle donne musulmane, è da sempre stato oggetto (insieme ad altri tipi di veli islamici) di discussioni, più o meno ideologiche, atte a comprovare il fatto che il Corano ne preveda effettivamente l’uso da parte delle donne. Per questioni di sicurezza o di ideologia, il niqab non è mai stato amato dalla popolazione laica, che ha sempre concentrato il dibattito su quanto fosse lecito indossarlo, o se questo non si rifacesse invece a un’imposizione tipicamente maschilista. Da qualche giorno la discussione in merito al velo s’è bruscamente riaperta. Infatti, secondo quanto ha riportato il sito Tunisie Numerique, già dai prossimi giorni, nelle università tunisine potrebbero tranquillamente frequentare le lezioni o affrontare esami ragazze che indossano il velo integrale. Cosa che fino ad oggi era stata severamente vietata – per motivi di sicurezza e di regolarità delle procedure di esame – dai regolamenti degli atenei e che il governo ha invece autorizzato. La notizia comunque, manca ancora del sigillo dell’ufficialità. Leggi il seguito di questo post »

di Maria Irene La Pera – 13 febbraio 2013

«Non resteremo in silenzio. Non ci faremo sconfiggere. Non ci vergogneremo». Questo lo slogan con cui ieri, in diverse parti del mondo, le donne sono scese in strada aderendo all’iniziativa di protesta globale lanciata dal movimento “The uprising of women in the Arab world”, per dire no alla violenza di genere, in segno di solidarietà alle vittime di molestie sessuali nelle manifestazioni al Cairo. Davanti alle ambasciate egiziane di Tunisia, Mauritania, Marocco, Palestina, Libano fino al Canada, al Belgio e all’Italia, le donne, sostenute da ong, volontari e attivisti, si sono date appuntamento alla stessa ora, unendosi alla protesta partita dall’Egitto e facendo rete attraverso i social network, Facebook in primis.

Le cronache delle manifestazioni nelle piazze egiziane sono spesso gravate da notizie di aggressioni, molestie e stupri nei confronti delle donne. Un fenomeno sempre più frequente che viene definito, come si legge nel comunicato stampa dell’evento, “terrorismo sessuale”:«Il terrorismo sessuale è una tecnica usata di recente, in modo estensivo, da gruppi organizzati in Egitto che hanno l’obiettivo di ferire, indebolire, umiliare e spaventare le manifestanti di piazza Tahrir». Il luogo simbolo della rivoluzione egiziana rischia oggi di diventare quello di una violenza di genere usata come forma di deterrenza, per scoraggiare le donne a riprendere le strade lottando per la propria liberazione e quella di tutto il paese. Il 25 gennaio 2013, giorno dell’anniversario della rivoluzione, l’Operation Anti-Sexual Harassment (OpAntiSH), ong egiziana nata per combattere le violenze sulle manifestanti, ha registrato 19 casi di molestie sessuali, e si tratta soltanto di quelli dichiarati nelle vicinanze di piazza Tahrir. Leggi il seguito di questo post »

di Riccardo Incandela – stagista CISS

La tratta degli esseri umani è stato un argomento che fin da subito mi ha preso alla bocca dello stomaco. E adesso ho avuto modo di coinvolgere anche altri. E’ successo per caso: rientravo dal Ciss un po’ prima del solito, e trovando aperto mi sono fermato a pregare nella chiesa solitaria ed un po’ in penombra davanti casa mia. Uscendo dalla porta della sagrestia e parlottando con Ignazio il sacrista mi accorgo che nella stanza accanto si riunisce il gruppo degli adolescenti con la mia “vecchia” giovane animatrice. Entro per salutare e mi ritrovo bersagliato di domande. Quanto imbarazzo a parlare di me alla loro età! Nel presentarmi dico quello che faccio al Ciss tra cui accenno alla tratta degli esseri umani ed al coordinamento antitratta.

Così l’animatrice Fiorangela, e sopratutto le ragazze ( è un gruppo di sole donne) mi chiedono di tornare per parlare della tratta. Leggi il seguito di questo post »

di Riccardo Incandela – stagista CISS

Ho sempre pensato che per fare il cooperante, questa figura mitica che nella mia testa è a metà strada tra l’avventuriero e l’eroe, tra le altre cose servisse stomaco. Pensavo: “ci vuole stomaco per andare in zone politicamente instabili, entrare in empatia con persone che vivono situazioni di dolore fisico e psichico estremo, ed avere ancora la forza di aiutare”. Oggi sono convinto che ci vuole stomaco anche a fare un giro per le nostre città.

Il 4 dicembre un corso organizzato dal coordinamento antitratta, del quale il CISS fa parte, mi ha gradualmente portato a questa conclusione.

“La scuola non tratta” è stato il titolo emblematico dell’iniziativa che si è svolta presso l’IISS A. Volta, destinato alla sensibilizzazione degli insegnati sulla tratta di giovani donne straniere, costrette a prostituirsi in Italia. Come ha detto Nino Rocca purtroppo “la scuola non tratta questi temi”! Ed il resto della popolazione, un pò assuefatta non si accorge o non si vuole accorgere del dramma che, giorno e notte, si svolge davanti ai nostri occhi.

Il programma molto articolato ha sviluppato il tema da due punti di vista. Leggi il seguito di questo post »

di Valentina Venditti – cooperante CISS in Palestina

L’8 marzo 2012 le donne palestinesi hanno organizzato una giornata di lotta per la libertà su due fronti, contro l’occupazione militare israeliana e per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere. L’intera giornata è stata dedicata ad Hana’ Shalabi che sta conducendo uno sciopero della fame contro la detenzione amministrativa dal 16 febbraio.

La giornata è stata strutturata in due parti:
1. Una manifestazione alle 12.30 nel checkpoint di Ramallah contro l’occupazione, la giudeizzazione di Gerusalemme, il muro di separazione, gli arresti di massa dei palestinesi e l’assedio di Gaza, tutte pratiche condannate dal diritto internazionale

2. Una Marcia cittadina per riaffermare che i diritti delle donne sono diritti umani, per l’uguaglianza di genere e per l’immediato rilascio di Hana’ Shalabi

La manifestazione nel check point di qalandya che ha visto la partecipazione di qualche centinaio di donne organizzata dalla Palestinian Working Women Society for Development assieme alla “Feminist Coalition of the Lands of 1948” ed altre organizzazioni di donne, ha visto una dura e violenta reazione da parte dell’esercito israeliano. Di fronte ad una manifestazione non violenta, i militari hanno reagito con gas lacrimogeni, proiettili di gomma, getti d’acqua e bombe sonore con l’intento di disperdere le/i manifestanti.

Un suono assordante ha accompagnato tutte la manifestazione (dispositivo chiamato “the screamer” o “the scream truck”), ennesima tecnica utilizzata per fiaccare la resistenza di tutte quelle donne che erano lì con i loro cartelli, canti e slogan a manifestare per i propri diritti. Una donna è rimasta ferita dopo essere stata copita dal getto dell’idrante e portata via dall’ambulanza. I gas lacrimogeni venivano sparati tra la gente e a distanza ravvicinata. Il sito di informazione Maan News ha riportato 8 feriti per inalazione da gas.

Leggi il seguito di questo post »

di Marta Bellingreri

Vi invio un mio racconto/articolo/denuncia su… le “lampedusane” all’ospedale Civico di Palermo; mentre il 18 maggio nasceva mio nipote Francisco,  nelle stanze accanto…

http://siciliamigranti.blogspot.com/2011/06/le-chiamano-le-lampedusane.html

nel blog sono stati eliminati alcuni nomi veri e non rispettati gli spazi che hanno un senso nel racconto e danno più respiro nella lettura, ecco la mia prima versione:

Le chiamano le lampedusane. Ma sono nigeriane sbarcate a Lampedusa gravide e trasferite spesso d’urgenza all’Ospedale Civico di Palermo. Fino al 20 maggio erano solo nigeriane, poi si sono aggiunte due sorelle somale, una pakistana e continuano ad arrivare nigeriane. Oggi ha partorito la quarta in una settimana. Negli ultimi due mesi ne sono passate diverse, anche di altre nazionalità, l’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia le ha ricoverate, fatte partorire e fatte sistemare, tramite le assistenti sociali, nei centri e nelle case. Ma ancora in sette sono là.

Pare che però in due mesi non si siano mai risolti alcuni problemi che in primis le infermiere che si prendono cura di loro ne lamentano l’impellente necessità: si tratta della disperazione che prima del travaglio del parto le assale non avendo alcuna notizia dei mariti ed eventualmente dei familiari con cui sono arrivate sulle coste lampedusane.

Ma il secondo problema mai risolto è che nessuno ha potuto informarle, rassicurarle e aggiornarle prontamente dato che l’assistente sociale passa solo la mattina e non necessariamente parla inglese, tantomeno arabo o somalo e la mediatrice di tanto in tanto l’accompagna: ma-dicono le infermiere-non si è mai fermata più di un’ora a mattinata.

Chi all’ottavo, chi al nono mese, Cinthya che invece ha partorito il 14 maggio si ritrova per tre giorni di fila nella solitudine data dall’assenza del marito. Gli sforzi sono tanti per contattarli. Ma la domanda principale che le donne si pongono è come mai oltre ad essere spesso private dei loro pochi averi all’approdo al molo, vengano separate anche dai mariti e dalle famiglia. Le spiegazioni sono tante da dare: donne e bambini, donne gravide, le categorie più vulnerabili da tenere in maggiore considerazione e maggiore cura, forse dimenticando che la cura che si ha nel separarle da chi potrebbe renderle proprie vittime nella tratta non prescinde dal bisogno che una donna gravida ha di avere il marito accanto. E dalla depressione che ne deriva. Leggi il seguito di questo post »

di Cristiana Dell’Aira – consulente CISS in Guatemala

La storia recente del Guatemala è segnata da una delle più lunghe e sanguinose guerre civili dell’America latina, terminata nel 1996 con un accordo di pace. Più di 200.000 morti, 45.000 scomparsi e 5.000 donne violentate, questo è il saldo di 36 anni di guerra. Un gigantesco archivio di polizia scoperto pochi anni fa getta nuova luce sugli orrori di quegli anni. I documenti sono conservati in forma digitale a Berna.

Già tre anni dopo la firma dell’accordo, la commissione nazionale incaricata di indagare le violazioni dei diritti umani nel paese centro-americano si era lamentata del fatto che le autorità civili e militari del paese ostacolassero le ricerche sui crimini commessi durante il conflitto armato, non permettendo l’accesso a documenti rilevanti. Da questo punto di vista, la situazione è cambiata repentinamente nel luglio del 2005, quando collaboratori della Procura guatemalteca per i diritti umani hanno rinvenuto in un vecchio deposito di munizioni, un enorme archivio che custodisce atti della polizia del Guatemala degli ultimi 120 anni. La scoperta dell’archivio di polizia ha fornito alle autorità inquirenti uno strumento di grande importanza per far luce sui crimini contro l’umanità avvenuti in Guatemala.

Leggi il seguito di questo post »

di Maria Giovanna Mulè – Servizio Volontariato Europeo

Era un sabato caldo di marzo come tanti, accompagnato dal suono assordante dei lavori che si susseguivano. Una finestra da cui guardare la creazione di buchi e briciole che si dissolvevano di una struttura antica: ecco il secondo palazzo antico abbattuto accanto a casa, in meno di due mesi.

L’oroscopo di Repubblica delle Donne ci aveva appena promesso grandi successi e sviluppi nuovi delle nostre vite.  Il motore di ricerca di google continua a girare per noi, accompagnando con la sua ricerca le nostre dissertazioni sul mondo.

Ad un certo punto, mi volto verso Valeria e leggendo articoli sul 17 aprile 2010, le chiedo quale fosse la sua opinione su un incontro ipotetico con e per gli abitanti delle aree rurali, proprio nel giorno in cui si commemora la giornata internazionale della lotta contadina.

Valeria ammicca e accoglie il mio pensiero “rivoluzionario”.

Il click dei tasti, clump clump, si sussegue e con qualche e-mail ecco trovati due partner adeguati: “CAMPO VALE” e il “SINDICATO DOS TRABALHADORES”.

Lo staff di tre donne (Io, Marcilene e Rosa) così composto comincia a riunirsi e a lavorare: dietro le quinte altre due donne per consigliare e appoggiare, Valeria Bigliazzi – CISS”(già presente dall’inizio della vicenda) e Claudia Rodrigues Lopes – ASCOPI. Si crea anche un contatto con il delegato della Polizia Civile, Vitor Amaro, con cui si chiacchiera infinitamente sui differenti modi di operare i cambiamenti nella società civile e con cui si concorda un workshop sulla questione di genere dentro il nostro incontro.

Per la prima volta si creerà un evento in cui i contadini saranno ascoltati da un’autorità pubblica!!!!

Leggi il seguito di questo post »

INFO COOKIE

Nel rispetto del provvedimento emanato, in data 8 maggio 2014, dal garante per la protezione dei dati personali, si avvisano i lettori che questo blog si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime e aggregate.
Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all'uso dei cookie.
Per un maggiore approfondimento leggere la pagina Info Cookie Law su questo blog, oppure leggere la Privacy Policy di Automattic

Vuoi sostenere i nostri progetti?

Galleria fotografica

Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi per e-mail.

Unisciti a 30 altri iscritti
Maggio: 2024
L M M G V S D
 12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031