da Giuseppe Cammarata

Bandiere. Tante. Enormi e colorate, o piccole e quasi monocrome. Di carta (manifesti) o svolazzanti.

Non ho mai visto tante bandiere come in questi primi giorni della mia permanenza a Beirut. Non che nelle tante capitali arabe che ho avuto modo di visitare non abbia mai visto bandiere…… (ma poi, Beirut é davvero una capitale araba? O é un non luogo come il Truman Show o Las Vegas?) ma, generalmente, si trattava della bandiera nazionale, o di enormi manifesti con il bel faccione del re o del presidente (naturalmente a vita….) di turno.

Qui no. Nella mia passeggiata serale ad Hamra, ne conto una ventina in pochi passi. Si tratta di bandiere che inneggiano ad un partito politico o ad un’idea facilmente identificabile con un partito politico. Così come noi abbiamo i manifesti di Berlusconi col cielo azzuro dietro di sé, o di Casini con la figlia sulle spalle, o di La Russa in tuta mimetica, qui la campagna elettorale si fa tramite le bandiere.

Vero che é anche possiblie vedere un bel faccione rubicondo o un turbante ben assestato sopra una faccia grave e severa (naturalmente, di donne neanche a parlarne. Anche in Libano la politica é affare esclusivamente maschile), ma sono essenzialmente le bandiere a parlare alla gente.

C’é quella verde col simbolo giallo di Amal, quella gialla col simbolo verde di Hezbollah, quella bianca col simbolo verde dei falangisti, quella nera col simbolo rosso dei filo-siriani ed altre di cui non riesco ad identificare l’appartenenza. Tutte, però, in qualche modo, si rifanno alla bandiera nazionale e molte hanno un cedro (piú o meno stilizzato) al centro.

Una, però, mi ha particolarmente colpito. Anzi, per essere precisi, si tratta di un manifesto in formato 6×9. In tale manifesto a sinistra é ritratta la bandiera nazionale, nei colori e simboli giusti. A destra, invece, accostata ad essa, c’é una seconda bandiera che ricorda (ma non é) la bandiera di Hezbollah, la quale sotto ha una scritta che dice “seconda repubblica?”

Incuriosito, ho cercato di capirne di piú. A quanto pare, nel dibattito politico pre-elezioni, é venuta fuori l’idea di rivedere in profondità la Costituzione libanese, risalente al 1936, emendata dopo la guerra civile ma pur sempre ancorata alla vecchia idea della rappresentanza politica secondo l’appartenenza religiosa voluta dai francesi fra le due guerre mondiali.

La nuova Costituzione, secondo alcuni, dovrebbe consentire a ciascuno di votare per il candidato che piú gli aggrada, e non per quello appartenente alla sua stessa fede religiosa (come accade attualmente). Vista in questo modo, la faccenda mi sembra, naturalmente, un proposito lodevole e condivisibile. Ma ho scoperto che sotto c’é il trucco, o almeno così pare alla fazione politica che ha commissionato il manifesto. Il trucco consisterebbe nel fatto che tale emendamento costituzionale potrà consentire anche agli sciiti di Hezbollah entrare a far parte dell’esercito (finora a grande maggioranza cristiana), correndo dunque il rischio di una sua eccessiva “islamizzazione”. E siccome l’attuale presidente della Repubblica é l’ex capo di stato maggiore dell’esercito (cristiano, così come previsto dalla “vecchia” Costituzione su base confessionale), ecco spiegato il motivo per cui nel manifesto la bandiera libanese si trasforma nella bandiera di Hezbollah.

Ho capito ancor meglio tutta la faccenda quando ho letto, sotto il disegno della bandiera libanese, la scritta “liban-forces.org”. Non avevo mai visto l’esercito di un paese fare campagna elettorale come un partito politico qualsiasi.

Succede anche questo, nelle elezioni libanesi del 2009.