di Elmar Loreti – cooperante CISS in Mauritania

Per non fare confusione fra i soldi del progetto e i miei soldi, ho dovuto cercare un nuovo portafoglio. Il portafoglio l’ho trovato ma la confusione resta.

Però non è di questo che voglio parlare; voglio parlare del portafoglio.

Il portafoglio che ho trovato, ovviamente.

Tutti, credo, nella nostra gioventù ne abbiamo avuto almeno uno: si trovavano spesso in regalo nei giornaletti tipo Topolino o Cioè, oppure nel detersivo; io ce l’avevo del Milan (sbandamenti giovanili per il grande Milan di Sacchi, quando Berlusconi aveva ancora i capelli veri), trovato in, appunto, “Milan squadra mia”.

Di quelli di fibra sintetica, la stampa che si scrosta; con una cerniera – invero prona al malfunzionamento – a salvaguardare le mille lire custodite lì dentro. Quei portafogli che si chiudevano con lo strap.

Ecco, dopo la contrattazione di rito all’ombra incerta degli alberi di viale Kennedy, mi sono portato a casa, per la modica cifra di 80 centesimi, un portafoglio di questo genere.

Non è comodo, devo ammetterlo: la cerniera si è rotta quasi subito, lasciando le monete libere di cadere ogni volta che tiro fuori il portafoglio; la chiusura ormai penzola tristemente, con gli ultimi fili della cucitura che resistono strenuamente nel loro sforzo inutile.

Al momento di comprarlo sapevo che questo portafoglio non era comodo, però l’ho comprato lo stesso: non avrei potuto fare altrimenti, la stampa sul dorso mi ha attirato irresistibilmente. Sul dorso, bordato da una striscia nera che si sta, manco a dirlo, scucendo, c’è una stampa divisa in due parti: sul lato sinistro c’è una bandiera americana, sul lato destro c’è la foto di Osama Bin Laden, con tanto di nome.

America da un lato, Al Qaeda dall’altro.

HPIM5654E’ da un pò che penso alla semiotica del mio portafogli.

Stamattina ho avuto un incontro che mi ha illuminato: stavo per rimettermi nel traffico assurdo del Boulevard Median – auto che si immettono in ogni modo, gente che si ferma in mezzo alla strada, asini, capre, bambini – quando un venditore di paccottiglia mi ha avvicinato per vendermi un coltello. Non è che mi interessasse molto, quel coltello cinese, però dalla sua borsa faceva capolino anche un portafoglio simile al mio…sì, stesso modello, stessi colori, ma c’era qualcosa di diverso.

Ho chiesto al venditore di mostrarmelo e ho potuto apprezzare la differenza: stessa forma, stesso strap, stessa cucitura, stessa bandiera…e Saddam Hussein a fargli compagnia.

Non ho nemmeno contrattato, doveva essere mio, ho pagato subito l’euro e 30 del suo primo prezzo.

Ora li guardo insieme, i due portafogli, l’uno ormai distrutto, l’altro ancora avvolto nella plastica che lo ha accompagnato nel suo lungo viaggio dalla Cina. Li guardo insieme e penso che questi portafogli sono in vendita, fra frutta che marcisce al sole e ricariche del cellulare, nei mercati di tutto il mondo musulmano, da Marrakech al Cairo, da Gerusalemme ad Amman e magari fino a Peshawar o Kandahar.

Portafogli prodotti a tonnellate in qualche oscura fabbrica cinese sulla scia dei grandi eventi che hanno segnato l’era Bush.

Mi rendono felice, questi portafogli.

Se qualcuno li vende c’è qualcuno chi li compra; e probabilmente quel qualcuno non sono solo degli occidentali un pò freak con il gusto del kitsh e dello humor nero.

Cosa significano Bin Laden e Saddam in compagnia di stelle e strisce?

Cosa significano su un portafogli?

Io lo vedo come un messaggio di grande speranza, di grande positività:

un portafoglio come questo invita alla risata, alla riduzione in commedia di quel gioco delle parti – amico, nemico, fedele, infedele – su cui si basa il tanto temuto scontro di civiltà. E’ un po’ come dire: “scherziamoci su, è la stessa robaccia”.

Che fare quindi? Dove posizionarsi?

Chi sono gli amici? Chi sono i nemici?

La risposta ce la da l’altro lato del portafogli: rosso, giallo, verde e nero. Colori che odorano di ritmi in levare, di voci rauche, di Bob, Jimmy, Peter, Alpha.

Questo portafoglio mi dice shwei, easy man…’sti c….