di Valentina Venditti – 14 novembre 2013

E’ di nuovo il 14 Novembre..giusto un anno fa aveva inizio l’attacco militare israeliano “Colonna di Difesa” durante il quale sono state uccise più di 170 persone di cui il 96% civili (secondo i dati del PCHR), tra cui più di 60 bambini, un terzo sotto i 5 anni. Più di 1.200 persone sono rimaste ferite e tra queste più di 260 minori.

Giusto un anno fa, di mattina, accompagnavo una neuropsichiatra italiana ad incontrare i bambini affetti da post-trauma a seguito del precedente attacco “Piombo Fuso” del 2009 durante il quale sono state uccise più di 1.400 persone di cui un quarto minori (23% dei bambini tra 5-10 e 62% tra gli 11 e I 17) e ferite più di 5.000 tra cui 1400 minori.

Giusto un anno fa…stavo ascoltando i racconti dei bambini, racconti di guerra visti con i loro occhi… a poche ore dall’inizio dell’operazione.

La storia di A. Un bambino che seguiamo da tre anni…

A. abita a Beit lahya, aveva 7 anni nel 2009 ai tempi di Piombo fuso. Quando sono iniziati i bombardamenti nella zona, tutti i suoi vicini hanno abbandonato le proprie abitazioni mentre la sua famiglia ha deciso di restare. Sono 9 in famiglia. La mamma voleva andare via ma non avendo un posto dove andare nè i mezzi economici necessari per spostarsi, il padre decise di no. Sono rimasti chiusi in casa per dieci giorni, sentendo le bombe e le case che cadevano a pezzi. A. era spaventato. Quando sono arrivati i soldati, la famiglia di A. è stata costretta a fuggire. Appena usciti di casa hanno trovato centinaia di morti e visto tutte le case dei loro vicini distrutte. A. teneva per mano sua mamma quando hanno sentito chiamare aiuto, un uomo colpito da un missile che aveva perso le gambe ed era llì davanti a loro a pregarli di aiutarlo mentre intorno si continuava a bombardare. La famiglia di A. è riuscita a raggiungere la casa dello zio. Dormivano tutti nella stessa stanza. In casa mancava acqua ed elettricità. Una notte è entrato un missile bucando una parete della stanza ed uscendo dalla parete di fronte. Da quella notte il bambino ha iniziato ad avere problemi. Sono arrivate poi le ambulanze della Croce rossa che hanno trasferito tutti gli abitanti nelle scuole, dove sono rimasti fino alla fine dei bombardamenti. Dopo Piombo fuso A. e la sua famiglia sono tornati a casa ma il bambino continua ad essere terrorizzato, ogni notte rivede le scene della guerra.

Ad Agosto 2012 a seguito di una notte di pesanti bombardamenti A. ci ha raccontato che non era riuscito a dormire. Quando ha sentito le bombe ha iniziato a piangere terrorizzato urlando alla madre che gli israeliani sarebbe venuti di nuovo, che loro avrebbero dovuto lasciare la casa e che dovevano fuggire perchè anche 3 anni fa era tutto iniziato così.

E poi…quello scorso Novembre 2012…quegli 8 giorni di bombardamenti indiscriminati.

Quel 14 Novembre 2012 eravamo appena rientrate a casa dalle visite, poco dopo quella prima assordante esplosione. In quel momento ho avuto nella mente gli occhi e le parole di A.

A. ha vissuto nuovamente tutto il trauma passato, ha rivisto tutto l’orrore. A. non si sente sicuro, non si sente protetto…ci dice che non vuole più avere paura, che non vuole più la guerra, che vuole vivere normalmente.

A. vive questo trauma giornalmente perchè giornalmente ci sono attacchi e bombardamenti a Gaza e soprattutto nella zona dove lui abita.

E a volte tutto questo mi sembra molto, troppo più grande di me…ma alla fine noi, anziché indignarci solo ed esclusivamente nel momento in cui accade qualcosa di più grosso…perché non ci chiediamo giornalmente cosa facciamo per evitare questo? Da Piombo fuso allo scorso novembre cosa abbiamo fatto? E oggi, ora, cosa stiamo facendo?

Abbiamo promesso ad A. che lotteremo affinché lui non abbia più paura e che continueremo il nostro impegno affinché tutto questo non continui a ripetersi. Bisogna continuare ad impegnarsi affinché finisca l’assedio su Gaza, affinché la comunità internazionale dica finalmente “basta”, affinché A. possa vivere la sua vita senza violenza, senza terrore.

Nel 2013 sono ancora il 44% degli abitanti di Gaza a non godere di sicurezza alimentare, il 34% ad essere disoccupati e l’80% a dipendere da aiuti umanitari. Le restrizioni imposte da Israele sugli importi di materiali di costruzione hanno effetti deleteri sulle infrastrutture ospedaliere, sulle scuole e anche sull’ambiente.

La pesante crisi energetica, la mancanza di elettricità e di carburante aggravatasi nell’ultimo periodo rende la situazione ancora più drammatica.

Oggi 14 Novembre 2013 è appena arrivata notizia di due raid aerei a Gaza….