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Riceviamo questi aggiornamenti dai nostri cooperanti in Palestina.
Ci associamo all’appello affinché ci si mobiliti perché cessi ogni violenza nell’area di Gaza. Non aggiungiamo alcun commento, poiché riteniamo che le testimonianze riportate parlino da sé.

La storia si ripete e a Gaza questo accade sempre piu’ spesso. Non e’ passato molto dall’ultima imponente operazione militare israeliana “Colonna di Difesa” contro la Striscia, quel maledetto Novembre 2012 e non sono ancora passate le scene di orrore di “Piombo Fuso” (2008/2009) che si ripetono nella testa della popolazione di Gaza, ravvivate dai continui attacchi quotidiani ai pescatori e contadini, dalle esplosioni e dal senso di chiusura e le relative conseguenze che la gente vive in quella che e’ la piu’ grande prigione a cielo aperto del mondo.

Per dirla con Martin Luther King “ciò che spaventa non è la violenza degli uomini malvagi ma il silenzio degli uomini onesti”.

Spaventa e fa rabbia perche’ Gaza “non fa notizia”, perche’ i morti di Gaza vanno solo ad alimentare numeri e statistiche, perche’ a loro viene negata la dignità di essere persone. Perche’ sono in pochi quelli che si indignano per quello che succede a Gaza.

Noi vogliamo dare questa dignita’ agli abitanti della Striscia e, oltre a dire che dall’8 luglio fino ad ora ci sono stati piu’ di 160 attacchi aerei, piu’ di 30 vittime dei bombardamenti (35 secondo gli ultimi dati: non si riesce a tenere il conto), piu’ di 150 feriti tra cui donne e bambini e ormai decine di case completamente distrutte come testimoniato dai continui aggiornamenti che riceviamo da parte delle Nazioni Unite, piu’ di 80 razzi sparati dall’interno, vogliamo anche parlarvi di cosa e’ Gaza e di chi e’ la gente che vive a Gaza.

L’8 luglio ha avuto inizio l’operazione militare israeliana “Protective Edge”. Come ha scritto una studentessa di Gaza non si e’ mai emotivamente preparati ad un nuovo attacco anche se lo si e’ sperimentato in passato. L’elettricita’ viene tagliata ed il buio aumenta la paura. Si cerca di dormire ma il rumore delle costanti esplosioni lo impedisce e ti fa pensare solamente “chissa’ se il prossimo saro’ io, la mia famiglia o il mio vicino”.

E il pensiero in questi momenti va’ alla famiglia Kaware di Khan Yunis (sud della Striscia di Gaza) che aveva ricevuto un allerta di abbandonare la casa.
Nonostante tutto il vicinato si fosse radunato sul loro tetto per proteggerla pensando che la presenza di altre persone avrebbe agito da deterrente, l’aviazione israeliana non ha esitato a colpire: 8 i morti, tra cui 4 bambini di 8, 10, 13 e 15 anni e piu’ di 40 feriti.

E alla famiglia Hamad di Beit Hanoun (Nord della Striscia di Gaza) di cui il piccolo Kanan di 6 anni e’ rimasto l’unico sopravvissuto al pesante attacco aereo che ha colpito la loro casa, questa volta senza nessun preavviso: 6 morti, tra cui un ragazzino di 16 anni.

E, per chi lavora in cooperazione internazionale, tutto il diritto umanitario inizia a sembrare vuoto perche’ se e’ vero che sulla base dell’art.33 della IV Convezione di Ginevra le punizioni collettive sono proibite e considerate crimini di guerra, non si sono levate molte voci per condannare quello che sta avvenendo.

I ragazzi che lavorano con il CISS hanno tutti tra i 20 e i 30 anni. Sono animatori e psicologi ed hanno fatto del loro lavoro una missione di vita: cercare di arginare la paura dei bambini e portare un sorriso. Per questo in tutti i mesi che hanno lavorato con noi distribuivano “smile” adesivi” e “smile” a spillette a tutti quelli che incontravano.

S., una ragazza di 29 anni che abita ad Est di Gaza City, fa l’ingegnere e lavora nelle ludoteche nella costruzione dei giochi.

Mi ha chiamato appena iniziato l’attacco per sapere come stavo, se ero al sicuro e se avevo bisogno di qualcosa.”Hamdulillah non sei a Gaza, ero molto preoccupata per te, sono felice di saperti fuori”. Si preoccupava per me nonostante le esplosioni attorno alla sua casa non le dessero tregua.

Lei e la sua famiglia questa mattina hanno dovuto lasciare la loro casa perche’ a seguito di un’attacco di un F16 vicino la loro abitazione sono rimasti senza elettricita’, senza acqua e senza internet, circondati solo dal rumore dei bombardamenti. Si sono trasferiti nella casa del nonno: “e’ una zona molto popolata forse qui siamo piu’ al sicuro, mio fratello e’ spaventato ma Inshallah – Se Dio vuole – andra’ tutto bene”.

S. e’ un ragazzo di 24 anni di Beit Lahya e ha una dote particolare nel lavorare con i bambini: canta con loro fino a quando non ha piu’ voce, inventa sempre nuovi giochi e riesce a comunicare con loro come pochi sanno fare. S. ha visto una casa vicina saltare in aria ed ha avuto la sua stessa casa semi distrutta: “c’e’ stato un bombardamento proprio vicino casa mia, sono saltate porte e finestre”.

Poco prima dell’Iftar, ci sono stati numerosi bombardamenti nella zona di Beit Lahya: “Hanno bombardato di fronte la nostra associazione, non sono riuscito a controllare i danni ma mi sono informato sui bambini, una bambina e’ stata ferita dai vetri di una finestra esplosa e molti altri hanno avuto le case parzialmente distrutte ma stanno quasi tutti bene “fisicamente”, Hamdulillah – ringraziamo Dio”

M. e’ un ragazzo di 22 anni del campo di Jabalya ed e’ un terremoto! Instancabile! Se lo incontri non puoi non lasciarti conquistare dal suo entusiasmo. M. lavora come Clown in corsia negli ospedali, come animatore e come insegnante di circo e giocoleria per i bambini.

Anche lui voleva sapere come stessimo noi, era il suo primo pensiero: “io continuo a fare il mio lavoro, siamo abituati a tutto questo ma non riesco a restare in casa,spero che vada tutto bene e che tutti riescano a stare al sicuro”. Di nuovo il pensiero andava ai bambini della sua associazione “tanti bambini hanno perso le case, alcune sono state distrutte completamente ma Hamdulillah loro sono salvi”.

Ieri ho chiamato un caro amico, lui lavora come tassista, sta sempre in giro e conosce tutti e basta prendere una sola volta il suo taxi per ricevere un invito a pranzo a casa sua. Spesso lavora come autista per la stampa internazionale e per i fotografi. Volevo aiutarlo, proporgli di portare in giro della gente che stava andando a Gaza per coprire le notizie ma non me la sono sentita. L’ho chiamato in ogni caso per sapere come stava e mi ha detto: “io restero’ a casa, la situazione e’ veramente brutta adesso, voglio stare con la mia famiglia, le senti le senti le bombe?? Inshallah kheer – Se Dio vuole andra’ tutto bene. Ringrazia tutti per la vicinanza e -Have a safe life-”.

A nome dei nostri amici e colleghi con i quali lavoriamo, a nome dei bambini che ogni giorno sono con noi, a nome delle loro famiglie e a nome nostro come CISS chiediamo che le violenze vengano interrotte immediatamente, che questo massacro che non puo’ in nessun modo essere giustificato venga fermato e che gli “onesti” rompano il silenzio e inizino a prendere posizione.

I cooperanti in loco del Ciss Cooperazione Internazionale Sud Sud

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