di Salvio Di Lorenzo – partecipante alla I° edizione della Summer School del CISS in Tunisia 2010

È così che alcuni giornali e televisioni hanno soprannominato la rivolta in Tunisia, la prima vera rivoluzione araba che sta mettendo paura ai dittatori e ai loro colleghi costituzionalmente ed elettoralmente legittimati dell’occidente e allo stesso tempo sta dimostrando che i popoli possono ancora sollevarsi contro l’ordine costituito se questi finisce per privare dei più fondamentali diritti.

La mia non vuole essere certo un’analisi politica…non ne sarei in grado…conosco quello che tutti stiamo vedendo alla tv e sui giornali e poco sotto questo articolo potrete leggere le righe di chi sta vivendo in questo momento a Tunisi. Se mi permetto di prendere in mano la penna (prima di trascrivere al pc) è perché questa penna l’ho ricevuta in regalo proprio in Tunisia soltanto 6 mesi fa e a quanto pare il tempo è volato, sia materialmente che storicamente parlando, con una velocità assurda…se mi permetto di scrivere è perché sto vivendo la sensazione di chi si sia trovato a cavallo di un evento epocale…un po’ come chi avesse visitato Berlino nell’estate dell’ ’89.

Quest’estate io ho visitato la Tunisia partecipando alla Summer School del Ciss.

Tante volte mi è capitato di raccontare di questa esperienza ma non avrei certo immaginato di dover rivalutare le cose che ho visto alla luce degli eventi di questi giorni…forse perché siamo oramai noi stessi talmente avvezzi all’ordine costituito da pensare che difficilmente le cose possano cambiare.

Certo, una delle impressioni più forti che tutti quanti ci siamo portati a casa è stata questa presenza iconografica insistente, ingombrante del presidente Ben Alì, questo padre padrone la cui immagine imbellettata a noi subito riportava alla memoria un tizio di nostra conoscenza….e che, onnipresente, invadeva ambienti esterni ed interni con il suo sorriso falsamente benevolo che, a mio parere, aveva lo scopo di ricordare costantemente: “Ti stiamo guardando! Qualsiasi cosa tu faccia…”.

Sapevamo che la Tunisia non era certo il paese più libero del mondo, sapevamo della presenza di spie e della forte corruzione che caratterizzava la burocrazia, forze dell’ordine in primis… ce lo raccontavano i cooperanti del Ciss che vivevano la realtà tunisina tutti i giorni e ce lo raccontavano i discorsi divaganti dei membri delle associazioni locali se osavamo fare una domanda di stampo politico su come si coniugasse, ad esempio, la loro mission sociale con un regime dittatoriale travestito da democrazia. Anche se sapevamo e percepivamo queste cose…ci siamo fatti sfuggire sotto gli occhi una grande verità e cioè che il paese era sull’orlo della disperazione, frustrato dalla mancanza di uno sbocco o soffocato addirittura dalla fame.

Era chiaro che non stavamo visitando un paese omogeneo e che la Tunisia non era quel paradiso turistico come voleva dare a bere il suo presidente. Quando mi chiedevano come fosse la Tunisia mi trovavo in una certa difficoltà perché le avevo assaggiate tutte…dalla metropoli di Tunisi alle spiagge di Hammamet, dagli spettacoli per turisti di Douz e la tranquilla Tabarka a Kairouan “la santa” fino al salto nel passato a Toujane e Matmata.

La storia del nostro amico cameriere durante l’estate, studente d’inglese a Tunisi d’inverno che non aveva una fidanzata perché doveva pensare prima alla mamma rimasta vedova poteva benissimo appartenere ad uno di noi…. Il fatto di trovare la Coca Cola in bottigliette da 33 cl in un villaggio di pietra come Toujane, dove l’acqua potabile si raccoglie ancora andando in groppa agli asini, sembrava soltanto una “spassosa” contraddizione del mondo globalizzato e se mi chiedevano se la Tunisia fosse povera rispondevo che non avevo visto miseria quanto invece l’assenza di prospettive (anche se a pensarci bene gruppi di persone che abitavano macerie e schiere di bambini che cercavano di vendere i famosi mazzetti di gelsomini per guadagnarsi da mangiare erano certo indicatori quanto meno di un discreto disagio). La voracità degli sguardi delle ragazze, poi, che ti fissavano dritto negli occhi senza la minima ombra di pudore (detto nel senso positivo della cosa) sembrava ribadire che la Tunisia correva verso la modernità lontana da fondamentalismi…anche se il vino continua ad essere venduto sugli scaffali più nascosti dei supermercati coperto da un telo.

Dopo quanto è accaduto in questo mese in Tunisia dobbiamo ammettere che siamo stati forse un po’ superficiali…ci siamo lasciati ingannare dai mazzetti di gelsomini con cui si adornavano gli uomini alla sera (e a pensarci bene ci chiedevamo come mai tanti uomini e ragazzi occupassero i bar da mattina a sera…probabilmente erano disoccupati)…ci siamo lasciati ingannare dall’odore del pane in tutti i suoi formati…da quello con i semi di sesamo a quello morbidissimo che portavo alle mie compagne affette da dissenteria…ai buonissimi grissini.

Forse è proprio questo il nocciolo della questione…a un certo punto quell’universo sopito come un vulcano che riposi sotto le sue stesse ceneri è scoppiato…quando lo si voleva privare anche dello splendido odore di quel pane fragrante.

Un popolo intero ha deciso di gridare a gran voce il proprio disagio e oramai il pane era soltanto il pretesto per rivendicare tutto il resto…per rivendicare di poter almeno sognare un futuro…ed ha deciso di abbattere il dittatore a colpi di baguette.

Oggi il futuro della Tunisia è estremamente incerto…si piangono ogni giorno i morti e i problemi sono ben lungi dall’essere risolti…ma da un certo punto di vista possiamo essere contenti….

i nostri fratelli della sponda sud di questo nostro “mare di mezzo” ci stanno dando un grande insegnamento… mentre noi siamo bravi ad indignarci di quello che sta accadendo nel nostro paese per poi tornare a vivere le nostre vite beatamente…ma prima o poi il pane mancherà anche alle nostre tavole…il futuro ce lo stanno già togliendo…io preparo il mio mazzetto di gelsomini.