di Elmar Loreti – cooperante CISS in Marocco

Ai mandorli si aggiungono i meli e Tartaruga N°4 si gode il paesaggio e quella comoda e ombreggiata striscia di erba che segue fedele la stradetta. Alla sua destra un piccolo fosso che, la sera, fornisce il meritato refrigerio alle zampe indolenzite se non dai chilometri almeno dalle centinaia di metri percorsi durante la giornata. Refrigerio per lei e, a quanto pare, palcoscenico notturno per centinaia di rane.

– Sono cantanti ispirate, si sa- si dice Tartaruga N°4 affondando, quasi in dormiveglia, la testa sotto la zampa – E hanno senso del ritmo, grove, su questo non c’è dubbio.
Chissà poi se i testi sono all’altezza?-

Sbadiglia, le palpebre che scendono a rallentatore sugli occhi, e Tartaruga N°4 si fa cullare dal grove delle rane, sorretto dai bassi maestosi dei rospi, nel giusto riposo del viaggiatore.

Oltre il fosso una riva di terra, da cui radici grandi e piccole escono come chiedendosi dove diavolo sia finito il terreno. In cima alla riva siepi e piante e poi alberi -peri, mandorli, meli- sopra di loro. Questi alberi, e la loro buona abitudine di sporgersi sulla strada per lasciar cadere alcuni frutti, ricevono uno a uno il ringraziamento – silenzioso ma significativo – di Tartaruga N°4. Coi mandorli forse è più avara, di riconoscenza, ma è solo perché non è ancora stagione perché anche loro possano contribuire al suo sostentamento.

Così, fra giorni di cammino e notti di concerto, Tartaruga N°4 si addentra spensierata verso Sud, senza curarsi troppo dell’approssimarsi di un gruppetto di case -cubi di cemento a due piani non dipinti, su cui l’architetto s’era dimostrato invariabilmente avaro di finestre- allineate ai due lati della strada come in un villaggio del far-west di Sergio Leone. Ha dormito sotto il cartello che le ha insegnato che il gruppetto di case si chiama Bni Boufra e di buon mattino s’è addentrata guardinga, mantenendosi al riparo dei fili d’erba sul ciglio della strada, dentro la civiltà degli uomini. O almeno la sua versione locale: non proprio tutto lo scibile umano, giusto un assaggio. Uomini seduti a un primo, secondo, terzo caffè, alla sua sinistra. Uomini seduti in un primo, secondo caffé alla sua destra. Fra un caffé e l’altro, qualche boutique vende tutto il vendibile per il ménage, qualche altro negozio prova a fare lo stesso per i bisogni delle auto; un cartello lustro e fitto di loghi annuncia la presenza della cooperative féminine di Bni Boufra, ben protetta da un portone chiuso, poco abituato, si direbbe, ad essere aperto.

-Se ne stanno ben nascoste da queste parti, le donne- pensa Tartaruga N°4 -una risorsa preziosa da proteggere? E dire che, nei campi, non si vedevano che loro- Si gratta la testa rugosa contemplando il mistero. -Magari a loro non piace il caffè- Una spiegazione che non la convince, su cui pensa che dovrà ritornare in seguito, una volta conosciuto un altro pò di Sud.

Per il momento Tartaruga N°4 si addentra nel villaggio, mentre il sole calante allunga -invero non molto- la sua minuscola ombra sull’asfalto; si guarda intorno e trova il suo albergo per questa sua prima notte urbana in un cumulo di insalata e verdure lasciate a marcire in una stradina polverosa.

-Guardasecredidischerzarepropriononcisiamononlosaichequadanoicisonodelleregole?cheperdormirebisognabisogna, bisogna, che per dormire bisogna…ehm…che bisogna…ahecco! REGISTRARSI!?!- Una piena di parole investe il guscio della tartaruga dormiente, si insinua all’interno e rimbomba nella testa di Tartaruga N°4. – Mache sta succedendo?- Si chiede, cercando una maniera di rintanarsi ancora di più all’interno del guscio.

-EHI, DICO A TE!- Un picchiettio continuo e ossessivo e poi due piccole narici frementi che fanno capolino all’entrata.

– Daisunonfarecosìsiècomunquefraamicieunasoluzionevedichelatroviamosicuro-

Spinto dalla curiosità, il ciglio aggrottato si porta fuori il resto della testolina e Tartaruga N°4 può finalmente capire l’origine di tutto quel baccano: un topo. Non certo un rattaccio super intelligente tipo quelli del Nimh; nemmeno un topochef raffinato à la Ratatouille. Un topo. Un piccolo topo di campagna dalla peluria biancastra, i baffi tremanti e due piccoli occhietti spiritati che la fissano da un millimetro di distanza.

-Ohfinalmenteiniziamoacapircialmenononparloalmu…-

Spaventata dalla nuova eruzione di parole, Tartaruga N°4 si rintana di nuovo nel guscio.

-Amico, non è che potresti parlare un po’ più piano? E’ che stavo dormendo e mi ci vuole un pò a capire quello che dici – Tenta un sorriso, Tartaruga N°4 – Stavi dicendo che bisogna registrarsi?-

Il topo sbuffa, a sottolineare quanto tempo la piccola tartaruga gli sta facendo perdere, e fa qualche passo indietro, come per darsi un tono.

-Si, appunto, registrarsi. Non credere che solo perché tu sei un touriste de camping-car sei esentata dal fornire le tue generalità dove ti fermi per pernottare!- Tutto compreso nel suo ruolo, il topo allunga la zampa verso Tartaruga N°4. – Dammi pure il tuo documento, ci penso io a riempirti la fiche

Fiche? Documento? Ma di che stai parlando? Io sono…-

-Ma come, non lo sai?- Chiede il topo staccando a fatica le parole. Poi, senza lasciare il tempo a Tartaruga N°4 di rispondere, continua: -Ehsivedechenonaveviuncuginocomeilmiochelavoravanelladispensadiunhotelsullacostadoveappuntocometidicevotuttiiclientidovevanoregistrarsi. Capito? E perché io qua ti dovrei trattare diversamente?-

Non è che Tartaruga N°4 abbia ben chiaro il concetto di “cugino” e non è proprio sicura di aver afferrato tutto il discorso, ma lei aveva salutato il mare, a nord, aveva salito e poi disceso svariate colline e addirittura attraversato una strada e nessuno le aveva mai chiesto un documento, né di riempire una fiche. Ora che ci pensa, nemmeno la sua memoria ancestrale di tartaruga la può aiutare a capire anche solo che cosa sia un “documento” o cosa voglia dire “riempire una fiche”.

-Vedi, caro topo – tu dimentichi che io sono una tartaruga e non un…come l’hai chiamato? Cliente – chissà poi cosa sia un “cliente”. – Sarebbe come se io venissi da te e ti chiedessi dov’è il tuo guscio. Accetta il fatto che io non ho il documento come io accetto che tu non hai il guscio. Piuttosto, non ci siamo ancora presentati.- La tartaruga tira avanti la zampa destra, come ha visto fare nei film, e la lascia a mezz’aria. – Io mi chiamo Tartaruga N°4, e tu?-

Il topo annusa la zampa, un pò dubbioso.
-Mehdi. Mi chiamo Mehdi-

-Bene Mehdi, cosa fai nella vita? Io, ad esempio, sto andando a Sud.-

-Mah, sai, je me débr…come? A Sud?-
Il topo la squadra e un brivido di terrore lo fa ritrarre sulle zampe posteriori.

-Come a Sud? Ma non lo sai che a Sud c’è la montagna? Non l’hai vista?-

In effetti no, non l’aveva vista. Seguendo il muso di Mehdi, Tartaruga N°4 alza lo sguardo e lo spinge oltre le case, oltre i campi. Strizza le grosse palpebre per vedere più in su, lungo la valle. Eccola: un’ombra enorme, quasi una nuvola contornata di nuvole. La montagna, a sbarrarle il passo verso Sud.

-Fa paura, vero?- Le chiede Mehdi, quasi soddisfatto dell’impressione prodotta sulla piccola tartaruga. – E ancora non sai che cosa c’è, lassù. Salirai e salirai e ti comparirà all’improvviso, fra i cedri, una città terribile piena di loschi uomini incappucciati, con pecore sventrate ai lati della strada piena di buche – Scuote la testa, il topo. – Non è roba per una tartaruga.-

-E cosa c’è, lassù, che rende gli uomini loschi e incappucciati? Non saranno incappucciati solo perché fa freddo?-
Chiede perplessa la tartaruga.

-Eh, cosa c’è, cosa c’è…lo vedrai cosa c’è: lassù le persone hanno la testa strana. E anche il portafogli.

Ok, la montagna è alta ma, strizzando ancora un po’ la vista, Tartaruga N°4 intravede alla luce dell’alba una stradetta che si inerpica su per la montagna, quasi irridendone le pendenze. E poi le pare che quella storia delle pecore sventrate non le suoni nuova; sembra una descrizione di un viaggiatore frettoloso, di quelli che non si fermano a capire i posti.
Per non parlare del giudizio sulla testa delle persone e sul loro portafogli, di cui per di più non ha molto chiaro il concetto.
Si chiede anche, e un sorriso le increspa il becco, da quale “cugino”, Mehdi, il topo di campagna, avrà sentito quella storia.
Lei lo sa che non sarà tutto rose e fiori, ma questo lo ha saputo fin da quando ha annusato che odore ha il Sud. Questo però non le ha impedito di partire, allora, e non le impedirà di continuare, adesso.

– Grazie Mehdi, terrò a mente i tuoi consigli. Però ora per me è tempo di andare – Il topo brontola qualcosa e si allontana, scuotendo la testa al pensiero di questi sconsiderati, che lasciano le sicurezze della pianura per andarsene verso la montagna, e quale montagna: briganti, banditi, leoni, lupi, per non parlare dei falchi e delle poiane.

Tartaruga N°4 queste cose le vede, ma vede anche i prati verdi e l’aria frizzante, le fonti e il muschio e i funghi.

Vedrà tutto questo, in montagna, ma iniziando il suo cammino mattutino non può proprio prevedere cos’altro troverà in cima a questa montagna e che la distingue da tutte le altre montagne del mondo.

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il viaggio di Tartaruga n° 4 continuerà venerdì 8 febbraio 2013…